Per tutto il giorno SuperFra era passata da attacchi di risate isteriche a momenti di furia omicida nei confronti di SuperJay.
Solo verso le nove di sera le risate ebbero il sopravvento e le due supereroine decisero di uscire, una per festeggiare, l’altra per lo stesso motivo per cui rideva da ore: per non piangere. Non fecero neppure caso a SuperSam, che era chiuso in camera da tutto il giorno, e non era uscito neanche per mangiare. O meglio, ci aveva provato, ma il biscotto che aveva addentato aveva un sapore così strano e orribile che aveva sputato anche quello. Cominciava a preoccuparsi che non solo le scorie non gli avessero dato dei suor poteri, ma che gli avessero lasciato solo un saporaccio in bocca.
Sospirò, guardando le amiche dalla finestra mentre si dirigevano al Monopattino del Tempo, ridendo come se fossero già sbronze. Lanciò un’occhiata malinconica a Gary, la sua piantina di gerani, che stava diventando troppo grande per il suo vaso. Decise che tanto valeva occupare il tempo in qualche modo, e scese in cucina a cercarne uno più grande, portando Gary con sé.
Solo quando fu davanti ai fornelli si rese conto di quanto avesse fame, e aprì il frigo per cercare di mettere qualcosa sotto i denti. Dentro, la desolazione. Solo un panino con un post-it che diceva “mangiami e muori”. SuperFra era molto gelosa del suo cibo.
SuperSam decise che se non l’avesse ucciso SuperFra di certo l’avrebbe fatto qualche terrificante effetto collaterale del recente bagno nelle scorie radioattive (visto che non aveva nessun potere), così fece spallucce e lo prese. Era sorprendente buono, forse un po’ salato, e lo mangiò con gusto, leggermente sollevato dal fatto che forse, dopo tutto, le disavventure di quella mattina non gli avevano alterato il senso del gusto.
Trovò un vaso per Gary sotto al lavandino. Estrasse con cura l’amata piantina dalla terra e ve la adagiò dentro, quindi scese nell’ufficio per riempirlo di terra (per qualche misterioso motivo ne teneva un sacco sotto la scrivania). Mentre appiattiva con cura la terra, per buona misura provò a desiderare che la pianta crescesse a dismisura, ma senza sperarci troppo. Dopo i svariati tentativi con cui si era tenuto occupato durante il giorno si era arreso all’idea di non aver sviluppato nessuna abilità speciale.
Sospirò amaramente, guardando Gary con desolazione. Prese il vaso e fece per riportarlo in camera quando, avendo posato gli occhi sull’acquario, si ricordò di non aver dato da mangiare a Lord Gago III. Andò a lavarsi le mani sporche di terra e tornò con un barattolo di mangime per pesci.
“Siamo proprio uguali, Lord Gago III, eh? Sei utile quanto me in questa casa” mormorò tristemente, facendo cadere qualche scaglia nella boccia del pesce. Con l’indice accarezzò melanconico l’acqua. Poi prese Gary e si trascinò in camera, dove restò sveglio qualche ora senza riuscire a dormire. Lord Gago III non superò la notte. E neppure Gary.