Capitolo 51 – Ultime parole

Luciphera diede le spalle alla supereroina svenuta e mosse qualche passo in direzione di Biggi.

“Cos’hai lì?”, abbaiò, “fammi vedere.”

Biggi aprì la cartella tanto velocemente quanto glielo permettevano le mani tremanti e rivelò una mappa.

Un brivido di consapevolezza corse lungo la schiena di SuperFra. Biggi aveva la mappa! Ma come poteva…la supereroina strizzò gli occhi per cercare di vederla meglio, ma fu costretta a voltarsi di scatto quando qualcosa le toccò una spalla. Per suo sommo orrore, Luciphera le si era avvicinata da dietro per posare con una delicatezza inaspettata la mano guantata sulla sua spalla sinistra, e la mano nuda su quella di SuperSam. Non osò muoversi.

“Uva,” chiamò la supercattiva, facendo scivolare le mani fino al collo dei supereroi, “vai a vedere.”

Lo stilista continuò a puntare la pistola verso Biggi, ma non si mosse.

“Uva,” ripeté Luciphera, “vai!”

Stavolta l’uomo si schiarì la gola. SuperFra sentì la supercattiva trarre un profondo respiro.

“Uva, vai a vedere…per favore.”

Luigi Uva si avvicinò al giornalista tenendo la pistola alta davanti a sé ed esaminò la mappa, segretamente desiderando di essersi portato gli occhiali da vista. Dopo quella che sembrava un’eternità, finalmente si rivolse a Luciphera.

“Sono indicazioni per il rifugio della professoressa,” disse sfoggiando un sorriso smagliante, “l’abbiamo trovata, piccina.”

Una vena del collo di SuperFra pulsò più forte contro il guanto di Luciphera. Poteva essere la fine di quell’incubo. Poteva significare la libertà degli ostaggi. E infatti…

“Molto bene,” venne dalle sue spalle la voce della supercattiva, addolcita da quello che poteva essere un sorriso, “sono una donna di parola. Liberate gli ostaggi.”

Dal suo angolo Emiliano, quasi grato di avere qualcosa da fare, salì sulla piattaforma e cominciò a slegare i prigionieri.

Fu SuperSam ad accorgersi di Biggi. Gli occhi della collega erano fissi sulla sorella, intenti ad assicurarsi che fosse davvero fuori pericolo, Luciphera controllava Emiliano e Uva leggeva la mappa, sempre con la pistola puntata contro il reporter. Ma il reporter sembrava non curarsi di questo dettaglio, e fissava disperatamente SuperFra, le labbra serrate, con l’aria supplicante di chi vuole dire qualcosa. Il cuore di SuperSam saltò un battito. Cosa voleva il reporter? Di cosa stava cercando di avvertirli? Deglutì, dolorosamente conscio della mano nuda della supercattiva sulla sua gola.

Lentamente, delicatamente, provò a muovere un piede alla sua sinistra, verso la collega. Attese qualche secondo. La supercattiva non diede segno di essersene accorta. Cercando di mantenere il resto del corpo immobile fece scivolare sempre di più il piede verso lo stivaletto di SuperFra, piano piano, fino a toccarlo. Gli occhi della supereroina saettarono dalla piattaforma a terra al collega, e gli rivolsero uno sguardo interrogativo.

SuperSam guardò Biggi.

SuperFra lo imitò.

Fu allora che la situazione precipitò.

Non appena lo sguardo di SuperFra incrociò quello del giornalista, questi prese fiato talmente in fretta da far sobbalzare Luigi Uva, che a sua volta attirò l’attenzione di Luciphera, la quale rinnovò la presa sulle gole dei supereroi, il tutto nel giro di un secondo.

“Non fermatevi per me, Fra!” Gridò il giornalista, “Non lasciatela andare via!”

Luigi Uva guardò la supercattiva in attesa di indicazioni, ma quella era concentrata su Biggi.

“Cosa?” Gridò quella a sua volta, “di cosa parli?”

“Perdonami,” proseguì il giornalista, “qualunque cosa accadrà, io-”

“AH!” Gemette SuperFra, in risposta alla più forte stretta di Luciphera sulla sua gola, “non so di cosa stia parlando, lo giuro!”

“Fra, io-”

“SPARAGLI!” Gridò Luciphera, “ORA!”

Un rombo assordante echeggiò nella stanza di cemento.

Il cuore di SuperFra smise di battere per tutto il tempo che impiegò Biggi, tenendosi il petto, ad accasciarsi a terra. Tutto sembrava innaturalmente lento, sfocato. Nessuno dei supereroi seppe quanto passò prima che qualcuno si muovesse. Persino Luciphera sembrava stupita dall’effetto del proprio ordine.

“NOOOOOOO!” Fu solo allo straziante grido di SuperSam che la stanza si rianimò.

“Scappate, presto!” Urlò Emiliano agli ostaggi, trascinandoli giù dalla piattaforma e verso l’uscita. Uva, istintivamente, gli sparò dietro un paio di colpi, prima che la pistola gli volasse dalle mani e verso il casco di SuperFra. La supereroina, sentendo il proprio sangue tornare a circolare, l’afferrò prontamente e, grata finalmente del suo capriccioso potere, diede con tutte le sue forze una gomitata al costato di Luciphera, che mollò la presa sui suoi nemici.

“Adesso basta!” Ruggì SuperFra, puntando la pistola contro la supercattiva. “Ora cambiano le carte in gioco! La pagherete per quello che…” Le parole le morirono in gola quando, con uno scatto fulmineo, la dolorante supercattiva portò la mano nuda alla canna della pistola, sciogliendola. Sopraffatta dal calore, SuperFra mollò la presa con un grido.

“Fermo,” ordinò Luciphera, puntando il palmo verso SuperSam, che bloccò un pugno a mezz’aria. “Non cambia proprio niente. Indietro. INDIETRO! Da quella parte. Voglio vedervi camminare. Uva, prendi l’altra! Per favore. E voi, niente scherzi. Continuare a camminare!”

Impotenti contro la mano incandescente, i due supereroi obbedirono…e obbedirono e obbedirono, finché non furono nella stanza accanto, una stanza vuota se non per una strana struttura al centro. Lì Luigi Uva, dopo aver posato SuperJay sul pavimento, si avvicinò al congegno e premette un bottone, per poi ritornare sulla soglia.

“L’avevo detto che sono una donna di parola,” sussurrò Luciphera, sorridendo beffarda, mentre il socio si adoperava per chiudere l’unica pesante porta che dava sulla stanza.

“È un peccato non avere tempo per farlo di persona!” Furono le ultime parole della supercattiva prima di sparire al di là della porta blindata.