Capitolo 5 – Un brusco risveglio

SuperFra fu la prima a recuperare i sensi dopo lo schianto. Quando aprì gli occhi la prima cosa che notò fu un martellante, terribile mal di testa. Non riusciva a capire dove si trovasse, ma nell’aria c’era un odore nauseabondo, riusciva a vedere una luce rosata che suggeriva che stava albeggiando ed era sdraiata in una posizione stranamente comoda su una superficie dura e ruvida, come una strada. Inoltre aveva i brividi, perché era bagnata fradicia. Riuscì a mettersi seduta, tenendo le mani sugli occhi finché la sua emicrania non le permise di aprirli del tutto e guardarsi intorno. Quando lo fece si ritrovò davanti uno spettacolo agghiacciante: un’enorme autocisterna si trovava sdraiata sulla strada davanti a lei, e sulla fiancata un squarcio riversava ovunque rifiuti tossici dall’odore insopportabile. Ben presto SuperFra si rese conto che erano proprio i rifiuti tossici che l’avevano inzuppata dalla testa ai piedi. L’orrore fu più forte del mal di testa e si alzò di scatto, tentando furiosamente di pulirsi il pigiama con le mani, urlando per la disgustosa scoperta. Poi notò i due corpi stesi a terra davanti a lei, e si accorse con una fitta allo stomaco che erano i suoi amici, SuperSam e SuperJay.

“No!” gridò, precipitandosi su di loro. “Cosa è successo!”

SuperSam, risvegliato dalle grida e dagli schiaffi di SuperFra si riscosse e aprì gli occhi. “Mio Dio…” disse, portandosi una mano alla testa, “cosa…?”

“Siamo…siamo vivi!” disse SuperJay debolmente, guardandosi le mani da sdraiata.

“Jay, è una cosa terribile!” disse SuperFra con urgenza, “non so come sia successo ma dobbiamo-”

“Siamo vivi!” gridò SuperJay saltando in piedi “ouch, ouch, non avrei dovuto farlo…uh, haha, mi gira la testa.” fece una piccola pausa. “Siamo VIVI! Ha funzionato, Sam!” urlò afferrando il malcapitato per le spalle e scuotendolo. “Ha funzionato! Ha funzionato! E ora torniamo a casa!” dichiarò, sfoggiando un enorme sorriso e alzando il pugno in aria. SuperSam si coprì gli occhi con le mani e mormorò qualcosa.

“Tu…” disse SuperFra, con gli occhi ridotti a fessure.

“Non ora Fra, sto cercando di volare.” la interruppe SuperJay, sforzandosi.

“Tu!” ruggì l’infuriata supereroina “Era il tuo piano! Ti ci hai fatto investire da un camion pieno di scorie nucleari, maledetta psicopatica!” SuperSam non fu abbastanza svelto per trattenerla dal mettere le mani attorno al collo di SuperJay.

“Posso spiegare,” gracchiò lei soffocando “ha funzionato!”

“Funzionato? Non saprei, è un mal di testa quello che ho o un tumore al cervello? Tu sei pazza, ci hai fatto mollare le nostre vite con la promessa di fama eterna, hai speso una cifra pazzesca per un vaso pieno di terra, hai venduto la nostra macchina per un tubo con le ruote!”

“Quel monopattino viaggia nel tempo!” si sforzò di dire SuperJay.

“A MALAPENA VIAGGIA PER STRADA, COME PUÒ VIAGGIARE NEL TEMPO!” gli occhi di SuperFra erano talmente spalancati che sembrava avessero voglia di prendere personalmente a pugni SuperJay.

“Fra, aspetta, ancora non sappiamo quali sono i nostri poteri!” disse l’ormai cianotica malcapitata.

“Fra,” si intromise SuperSam, “Fra, basta!”

SuperFra lo guardò stupita, allentando momentaneamente la presa mentre SuperJay approfittava del momento per recuperare un po’ di ossigeno.

“Non sei abbastanza forte!” proseguì SuperSam stringendo a sua volta le mani attorno al collo di SuperJay. “Questo è troppo, anche per me!”

“Mi fai diventare pazza!” urlò SuperFra.

“Amici, vi prego” sibilò SuperJay con quello che avrebbe potuto essere il suo ultimo respiro, “è presto per dire-”

“Per dire cosa, stupida pazzoide! Non dirai più niente per un bel po’ quando avrò finito di-” ma i supereroi non seppero mai cosa avrebbe finito di fare SuperFra, perché proprio in quel momento un considerevole frammento del paraurti del camion la colpì sulla nuca e cadde a terra svenuta…di nuovo. SuperSam mollò la presa per lo stupore, e SuperJay ricadde a terra tra le scorie nucleari, ormai blu.

“Chi è stato?” abbaiò SuperSam guardandosi freneticamente attorno. “Chi l’ha fatto?”

“Non…io” esalò SuperJay tra un respiro e l’altro. Brividi corsero lungo la schiena dei supereroi mentre cercavano con lo sguardo la presenza di qualcuno nei dintorni. SuperSam tentò di raccogliere il paraurti, che era atterrato a pochi centimetri da SuperFra, per fortuna senza schiacciarla.

“Beh,” disse amaramente, “almeno sappiamo che il mio superpotere non è la super forza” e si arrese.

“Allora mi credi?” esordì SuperJay, un barlume di speranza negli occhi. SuperSam la fulminò con lo sguardo.

“Andiamo all’ospedale, che è meglio”

“No, ehi, no!” disse SuperJay, scattando in piedi e afferrandolo per un braccio” e poi cosa diciamo ai dottori? Che abbiamo fatto rovesciare un camion pieno di rifiuti tossici per farci venire i superpoteri?”

“Non è un po’ tardi per accorgerti della stupidità del tuo grande piano?”

“…ci andremo all’ospedale. Ma uno per volta. Nei prossimi giorni. E con scuse plausibili.”

“Sei pazza? Hai visto il coso che l’ha colpita?” disse SuperSam indicando il paraurti.

“Oh, andiamo,” tagliò corto SuperJay, “ha preso botte peggiori.”

“Vero.” convenne lui. “che stai facendo?”

SuperJay si era messa le mani nei capelli e si stava guardando furiosamente intorno, come se avesse appena realizzato qualcosa.

“Oddio,” disse, “ommioddio, il monopattino! Il monopattino era vicino a noi quando c’è stato lo schianto, deve essere rimasto sotto il camion! Oh mio-”

“Jay,” mormorò SuperSam preoccupato, “Jay, eccolo lì.”

SuperJay guardò nella direzione indicata da SuperSam e vide il monopattino del tempo, adagiato sul ciglio della strada, in perfette condizioni. Le braccia le ricaddero lentamente lungo il corpo.

“Ma…” sussurrò, “ma io non l’avevo lasciato lì…”

SuperSam le rivolse un involontario sguardo gentile e, per la prima volta preoccupato per l’amica, le posò una mano sul braccio e disse dolcemente:

“Abbiamo preso una bella botta. Torniamo a casa.”

SuperJay lo guardò e annuì.

Dopo aver recuperato SuperFra i tre salirono sul monopattino e si avviarono al quartier generale, senza nemmeno accorgersi che la cabina del camion era vuota.

 

Capitolo 6 – La rinascita