Capitolo 49 – Tempo scaduto

“…quindi noi le faremo vedere questo fasciolo,” spiegava SuperFra, agitando ‘pratica 000468: la verità dietro i popcorn, “e le diremo che glielo daremo soltanto quando avremo gli ostaggi.”

“Mh,” annuì SuperJay, “e poi?”

“E poi scapperemo il più velocemente possibile portandoceli dietro,” concluse SuperSam.

“Mh,” ripeté la supereroina, “mhh. Non saprei,” e cominciò a passeggiare davanti all’entrata della centrale, accarezzandosi il mento con la mano, “non risolverebbe il problema supercattiva.”

“Ma risolverebbe il problema ‘stanno per uccidere mia sorella’!”

“Vero anche questo,” convenne SuperJay, “e, se non la sconfiggiamo subito, lasciamo aperta la porta per un sequel…ok, mi avete convinta!” I colleghi si scambiarono uno sguardo rassegnato.

Nel frattempo, il rumore di un ennesimo schiaffo risuonava all’interno della centrale.

“Sei un idiota!” Gridava Luciphera ad un terrorizzato Emiliano, “un idiota! Non c’è più tempo ormai, saranno qui da un momento all’altro!”

“Aspetta,” tossì l’assistente tamponandosi il labbro, “posso sempre-”

“Non puoi fare niente, cretino! Ti ci era voluta una giornata intera per montare quella porta, non ti metterai a smontarla adesso che ne abbiamo bisogno! Pezzo di idiota!”

“Su, piccina,” intervenne Uva, “è così grave? Concentriamoci sulle cose importanti, lascia perdere questo microcefalo”.

“Se è così grave?!”, strillò la supercattiva, fumo scuro che usciva dalla bocca con ogni parola, “la tastiera è all’interno! All’interno! Quale idiota la mette all’interno della stanza e non all’esterno?”

“Pensavo che non avesse importanza visto che-” tentò di difendersi Emiliano, prima che un ceffone lo interrompesse.

“Piccina,” insistette lo stilista, “non essere puntigliosa, non te ne eri nemmeno accorta prima d’ora! E poi quante possibilità ci sono che indovinino la combinazione?”

“Dieci alla sesta,” mugugnò Emiliano, dopo un rapido calcolo. Luciphera lo spinse a terra con un calcio e tornò a grandi passi furiosi nella stanza della vasca.

“Vieni,” ordinò da sopra la sua spalla, “aiutami a salire sulla piattaforma, sta scadendo il tempo.” Lo stilista la seguì.

“E fu così che i nostri eroi, avanzando coraggiosamente-ow!” Esclamò SuperJay massaggiandosi le costole nel punto in cui il gomito di SuperSam l’aveva colpita.

“Ssssh!” Fece lui, severo, continuando a camminare nel corridoio.

“Giusto,” convenne la collega dolorante, “lascio spazio alla colonna sonora in questa scena.”

SuperFra, da sotto la mascherina, alzò gli occhi al soffitto ma non disse nulla, sperando con tutte le sue forze nella buona riuscita del piano.

Quando i supereroi entrarono nella stanza la trovarono esattamente come l’avevano lasciata, buia e maleodorante di acido, con i tre ostaggi sospesi sopra la vasca e Luciphera sulla piattaforma con loro.

“Bene bene bene, guarda chi si è fatto vivo,” disse melliflua.

“Ha! ‘Bene bene bene’! Sapevo che l’avrebbe detto! Mi devi dieci euro,” sussurrò SuperJay a SuperSam.

“Te l’ho detto,” fece questi tra denti serrati, “non avevo scommesso niente!”

“Abbiamo il file!” Li sovrastò SuperFra, alzando la mano che stringeva la cartellina, “lascia andare gli ostaggi!”

Luciphera scese leggiadra dalla piattaforma e si avvicinò al trio tanto elegantemente quanto le sue scarpe impossibili glielo permettevano, e tese la mano. SuperFra senti una goccia di sudore freddo scivolarle giù per la schiena.

“Prima gli ostaggi,” si costrinse a dire.

“Prima il file,” sibilò la supercattiva.