Capitolo 44 – Un passo alla volta

“Mi spieghi la storia dell’elemento sorpresa?” Si innervosì SuperFra, quando furono fuori dalla centrale. SuperJay si strinse nelle spalle.

“Non so,” disse, “pensavo che in quel sacco ci sarebbero stati molti più barattoli e magari…boh, avrebbe fatto una bella esplosione.”

“Perché?”

“Sembrava un bel colpo di scena.” SuperFra le rivolse uno sguardo sconcertato.

“Ma sei convinta che qualcuno ci scriva il copione per caso?” SuperJay allargò le braccia e rivolse lo sguardo verso il cielo.

“Non siamo forse tutti attori, in questo palco che è la vita?” Disse drammaticamente. SuperSam decise di intervenire prima dello scoppio di un nuovo litigio.

“Basta!”, si intromise, “abbiamo altre preoccupazioni al momento.” SuperFra si riscosse.

“Manola! Hanno mia sorella!”

“E una vasca piena di acido, che originali” commentò SuperJay.

“Jay, concentrati!” Le gridò SuperSam, “dobbiamo trovare la professoressa, ok?”

“Ma non sappiamo dov’è!” Le parole di SuperJay furono seguite da un breve silenzio.

“D’accordo. Ragioniamo.” SuperFra cominciò a camminare nervosamente intorno al Monopattino. “C’erano tre parti coinvolte: lei, noi e la polizia. Lei non ce l’ha, noi non ce l’abbiamo, ce l’ha la polizia per forza, no?”

“E i nostri cloni?” Fece SuperJay. I colleghi si scambiarono uno sguardo preoccupato.

“No,” si riscosse infine SuperFra, come colpita da un’illuminazione, “non ha senso: se stessero dalla nostra parte l’avrebbero portato a noi, se stessero dalla sua non lo starebbe cercando. Non ce l’hanno.”

“E se non stessero da nessuna delle due parti? E se odiassero sia noi che lei equamente? E-”

“Jay!” Sbottò SuperFra. “Cosa ne dici se cominciamo a tagliare le teorie assurde? Magari cominciamo a stare due ore senza, eh?”

“Ma non sono assur-”

“Quello che Fra intende dire,” si intromise SuperSam, “è che non dovremmo complicarci la vita. Andiamo dalla polizia, intanto. Non possiamo chiedere aiuto, però possiamo cercare di scoprire-”

“Aspetta un attimo!” Lo interruppe SuperJay, “perché non possiamo chiedere aiuto?” SuperSam aggrottò le sopracciglia.

“Beh…classico supercattivo, no? ‘E se avvertite la polizia, i prigionieri non vedranno mai più la luce del sole!’ ”

“Ma lei non l’ha specificato, però.” Rifletté SuperFra.

“Non era sottinteso?”

“Magari non ci ha pensato”

“Magari-” un rumore di passi affrettati interruppe la discussione. I tre supereroi si voltarono verso la porta per vedere un affannato Emiliano che correva verso di loro.

“Scusate,” ansimò l’assistente, “mi manda a dirvi…che se avvertite la polizia…gli ostaggi non-”

“Sì, sì, ok, sparisci.” Gli abbaió SuperFra. Emiliano fece dietro front e rientrò nella centrale.

“Bene, ora che anche questo è chiarito…” Cominciò SuperJay. Poi guardò i colleghi. “Non lo so, cosa vogliamo fare?”

SuperFra sospirò. “Polizia. Dobbiamo andare dalla polizia. E cercare di ottenere informazioni sul professore.”

“Come?” Domandò SuperSam. La supereroina si morse un labbro, pensosa.

“Esiste una speciale divisione della polizia di Città,” disse lentamente, “la chiamano la Segreteria. Non nel senso postazione di una segretaria,” si affrettò ad aggiungere, notando lo sguardo dei colleghi, “cioè, in un certo senso…ci dovrebbe essere una Segretaria lì…ma non segretaria di ufficio, Segretaria nel senso…che tiene i segreti. Capito? Segreteria, segreti, Segretaria…è un posto dove tengono i documenti top secret, eccetera. Se la professoressa è sotto protezione, i suoi dati sono lì.”

SuperSam le rivolse uno sguardo stupito. “E tu come lo sai?”

“Perché volevo entrare anch’io in polizia, prima che qualcuno” e fulminò SuperJay con lo sguardo ” mi convincesse a buttare via tutto e andare a vivere in una catapecchia per diventare un supereroe.”

“E basta dare la colpa a me!” Si difese SuperJay, “la colpa è vostra che vi siete fatti convincere!”

“Credimi, Jay,” disse SuperFra, salendo sul monopattino, “se fossi stata al nostro posto avresti fatto questo e altro pur di farti stare zitta. Dai, salite.”