Quella mattina, Città si svegliò come al solito. O quasi.
Due persone si svegliarono tranquille, nella loro nuova e, speravano, temporanea casa, certi di essere al sicuro, ignari di quello che sarebbe successo da lì a poche ore.
Dei sei supereroi, tre si alzarono senza voglia, tre furono grati di svegliarsi da un sonno breve e agitato.
Un reporter non aveva dormito. Un altro esitava a lasciare il letto, memore dello spiacevole incontro del giorno prima.
Un Agente Speciale si alzò pigramente e cominciò a declamare le sue azioni all’immagine riflessa nello specchio.
Una Segretaria aprì un occhio per mirare meglio alla sveglia.
Una ragazza con un colore di capelli alquanto discutibile uscì dalla sua tenda, frizzante e con un sorriso a trentadue denti, fiera di avere una missione per il suo amato.
Un umile assistente si svegliò terrorizzato alla prospettiva che una sua creazione avrebbe potuto far saltare in aria tutta Città.
Una supercattiva si svegliò e sorrise amaramente, pensando che quello avrebbe potuto essere l’ultimo giorno della sua vita. Il suo socio era alzato da un pezzo, e ripassava il piano per filo e per segno, lanciando di tanto in tanto un’occhiata a tre persone, ammucchiate contro un angolo come bambole di pezza.
Tre persone, ammucchiate contro un angolo come bambole di pezza, si svegliarono confuse, legate, imbavagliate e sotto lo sguardo severo di uno sconosciuto.