“L’uomo infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, lasciando l’impermeabile aperto a mostrare una camicia immacolata e una cravatta nera, distinta. Impeccabile, come sempre. Il suo abbigliamento non lasciava ad intravedere i tormenti del suo animo. Il suo nome era Tempesta…Giovanni Tempesta. Di nome e di fatto. Nel suo ambiente era conosciuto come Agente Speciale Tempesta, specializzato in persone scomparse. Chissà quali orrori avevano visto quei penetranti occhi neri che si aprivano su un’anima infuocata, quali segreti custodiva-”
“Uhm, agente Tempesta?” Esordì Elektra, l’elegante Segretaria occhialuta, facendo capolino dalla porta dell’ufficio. Tempesta si voltò lentamente, accennando un sorriso a mezza bocca.
“Elektra,” disse con voce suadente, prendendole una mano in entrambe le sue. “Elektra.”
La Segretaria dovette trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. L’agente Tempesta era un elemento molto valido della polizia di Città…nonostante avesse l’abitudine di comportarsi come se fosse la voce fuori campo di un noir anni ’50. Lavorava con lui da più di un anno, e in tutto questo tempo non si era mai stancato di corteggiarla.
“Quanto sono belle le tue mani, Elektra,” proseguì, accarezzando le delicate dita e soffermandosi sullo smalto azzurro cielo. “Ahh…come i tuoi occhi.” E con discreta eleganza fece scivolare una mano sulla schiena della Segretaria, preparandosi per farle fare un casqué. Eleonora sospirò, inarcando la schiena e lasciandosi andare. Questione di abitudine.
“Sono venuta a consegnare il rapporto sulla professoressa Schiaffino,” disse, ancora a testa in giù. L’agente Tempesta la riportò in piedi e le fece fare una giravolta, mormorando una canzone che aveva in testa e che, forse, considerava la colonna sonora di quel momento. La Segretaria lo ignorò e proseguì nel suo lavoro per uscire di lì il prima possibile.
“Sta bene, mangia, è molto più tranquilla da quando le abbiamo portato la figlia. Chiede dei libri da leggere…entrambe li chiedono, glieli porteremo nei prossimi giorni.”
“…and all the leaves on the trees are falling, to the sound…”
“Le vedette ci informano che nessuno la cerca, nessuno la tiene d’occhio (eccetto noi, s’intende) e nessuno sembra inseguirla. Anche casa sua è rimasta vuota. Sembra essere al sicuro.”
“…my heart strings that play soft and low…”
Elektra sospirò, cedendo ad un’altra giravolta. Questa volta, però, l’agente Tempesta le posò fermamente le mani sui fianchi, bloccandola, e le si avvicinò.
“Elektra,” sussurrò dolcemente, “la mia Money Penny…” E, socchiudendo gli occhi, si avvicinò lentamente al viso della Segretaria, come a volerla baciare delicatamente. Eleonora non si diede neppure la pena di spostarsi, sicura di ciò che sarebbe successo. E infatti, “No, non possiamo!” Esclamò l’agente Tempesta, allontanandosi di scatto quando fu ad un millimetro dalle labbra della segretaria.
“Io sono un uomo difficile, Elektra. Un uomo tormentato. Io non solo ritrovo le persone…le faccio anche sparire.” Fece un attimo di pausa drammatica, lo sguardo corrucciato rivolto al di là del vetro oscurato della finestrella dell’ufficio. “E tu,” proseguì, girando leggermente la testa per rivolgere uno sguardo infuocato alla Segretaria, “tu…non vorrei mai metterti in pericolo.”
Elektra si lasciò sfuggire un ultimo, esasperato sospiro.
“Agente, ha capito cosa le ho detto?”
“Ma certo mia cara. E lascia che ti dica una cosa. Nessuno-” e sbatté con forza un pugno sul tavolo, “NESSUNO è al sicuro. Li prenderemo, quei figli di puttana. Puoi starne certa, dolcezza, se fosse l’ultima cosa che faccio, li prenderemo!”
La Segretaria annuì brevemente e uscì dall’ufficio, chiudendosi la porta alle spalle, lasciando da solo l’agente Tempesta. Questi accennò un mezzo sorriso e si rivolse di nuovo verso la finestra e riprese il suo soliloquio.
“Che donna, pensò Tempesta, ascoltando deliziato il rumore dei tacchi nel corridoio. Quanti segreti in quella testolina. Ma non poteva cedere alla lussuria con lei, no…la dolce Elektra meritava un uomo stabile, che la facesse sentire al sicuro…non il tormentato agente Tempesta. Forse in un’altra vita, Elektra…forse in un’altra vita.” E si aggiustò la cravatta, ammirando il suo riflesso nel vetro.