“Lo so che sembra brutto,” disse pazientemente SuperFra, cercando di far ragionare la collega, “ma anche se ci presentassimo lì, e anche se ci fossero veramente il supercattivo o supercattivi, cosa pensi che potremmo fare?”
“Sto solo dicendo che stiamo deliberatamente lasciando un amico in difficoltà,” rispose SuperJay. “Ora, un conto è se fossimo nel dubbio, ma è chiaro come il sole che è tenuto in ostaggio da chissà quali fucili e stoffe e martelli e magari dei cacciavite! Hai pensato ai cacciavite Fra? Ti fermi mai a pensare ai cacciavite? Con quelle loro punte a stella o l’altra, che non so come si chiama, e il manico di plastica, e-”
“E tu ti fermi mai ad ascoltarti mentre parli?” le posate si agitarono nel cassetto. SuperSam scandagliò la stanza con gli occhi in cerca del casco/scolapasta.
“Ascoltami!” ringhiò SuperFra, afferrando la collega per le spalle, “non possiamo farci niente! E poi, ragiona! Se non l’hanno ucciso finora vuol dire che gli serve vivo, no? Non possiamo presentarci a casa di Biggi e sperare che i nostri nemici siano sfigati quanto noi!”
“Jay, ha ragione,” intervenne SuperSam, “non possiamo. È un rischio troppo grosso, su.”
SuperJay lo guardò come se le avesse piantato un coltello nel petto.
“Sam…” disse, “è nostro amico…”
“Non siamo in grado di aiutarlo Jay!” sbottò SuperFra, “Neanche volendo! Non sappiamo niente!”
“Sappiamo che c’entra il fuoco no?” replicò SuperJay stizzita, “È già qualcosa!”
“Andiamo Jay, nessun fuoco arriva a migliaia di gradi! Ricordi l’articolo?”
SuperSam si alzò di scatto. “Io me lo ricordo l’articolo!” esclamò, e corse fuori dalla stanza. SuperFra non ci fece caso. “Dobbiamo solo avere pazienza e sperare che ci pensi qualcun altro,” disse.
“Grandioso, questo è quello che si chiama comportamento da supereroi,” bofonchiò SuperJay, e andò a sedersi. Dopo qualche secondo SuperSam entrò di corsa brandendo il giornale di qualche giorno prima.
“Ecco qua,” disse cercando l’articolo “ecco: ‘ “Ci vorrebbero migliaia di gradi,” afferma la professoressa Schiaffino, del dipartimento di fisica nucleare dell’università di Città “per fondere una parete di metallo spessa come quella del caveau della banca. Nessuno può utilizzare uno strumento in grado di generare tanto calore senza le adeguate protezioni e sopravvivere.”‘. Vi ricordate?” le colleghe lo guardarono, confuse.
“Sì,” disse SuperFra, “e allora?”
“So che non è molto su cui lavorare,” cominciò SuperSam, “ma questa è una professoressa di fisica nucleare…se c’è una persona al mondo a cui possiamo chiedere è lei. Che ne pensate?”
“Per me può andare,” rispose la collega. “Jay?”
SuperJay si strinse nelle spalle.
“Andiamo a cambiarci.”
—
“Che ci fa fuori tutta questa gente?” si stupì SuperFra quando furono usciti: il numero dei curiosi, seppur rimanendo modesto, era triplicato rispetto a quella mattina. SuperSam si parò dall’attacco di Marta, che gli si gettò al collo blaterando qualcosa a proposito di matrimonio.
“Via!” disse una voce maschile. Un uomo alto e occhialuto si stava facendo strada a spintoni verso i supereroi. “Sciò!” e protruse il collo per portare il naso aquilino a un centimetro da quello di SuperFra. “Ahhhh,” disse, come se stesse annusando un arrosto delizioso all’ora di pranzo, “SuperFra. Sssssu-per-Fra.” si passò la lingua sulle labbra. La supereroina fece un passo indietro. Lo spazio che si era creato tra i due venne riempito da un quadernetto che, senza spostarsi di un millimetro, l’uomo aveva estratto da sotto l’impermeabile. “SuperFra. Dimmi, SuperFra, perché hai derubato quei negozi?”
La supereroina sgranò gli occhi.
“Cosa?” fece, “Non sono stata io! Non…”
“Allora sono stati loro?” l’uomo allungò il collo più di quanto dovrebbe essere consentito ad un essere umano per trovarsi faccia a faccia con SuperJay, che ne approfittò immediatamente.
“SuperJay, piacere, non posso uscire con i civili, posso darti il numero della mia amica, sì, ti firmo l’autografo, sì, te lo posso dedicare, sì, faccio anche scrittura su corpo, chiappa destra o sinistra?” disse in un solo fiato, e si alzò sulle punte per afferrare la stilografica che l’uomo ritrasse fulmineamente.
“Ahhh,” sibilò lui, “Ahhh, non credo. SuperJay…incantato. Artemio Tondelli, del ‘Città Oggi’…so già tutto di voi. L’unica cosa che non so è perché avete saccheggiato quei negozi…” e si passò di nuovo la lingua sulle labbra.
“Ehi!” esclamò SuperFra, “Tu sei quello che ha insinuato che avevamo rapinato la banca!”
Il viso del reporter riprese la sua posizione davanti al naso della supereroina.
“Provami il contrario, miss,” le sibilò.
“Mi provi lei che è andata così!”
“Basta!” SuperSam afferrò la collega per il mantello e scostò con la mano la macchina fotografica che un fan gli puntava in faccia, trascinandosi dietro Marta. “Siamo stati visti per caso?”
“SuperSam,” sussurrò il giornalista, “il piacere è tutto mio. Bei muscoli. Ottimi per portare tutto il bottino della notte scorsa.”
SuperFra perse la pazienza. “Andiamo,” ordinò, e i colleghi fecero per seguirla. Forse influenzati dalle parole del giornalista, i fan si fecero da parte per farli passare. Intanto, Marta non mollava la presa su SuperSam, che camminava con la ragazza appesa al collo come un koala ingombrante.
“Qualcosa da dichiarare?” chiamò la voce del giornalista alle loro spalle, attraverso un sorriso beffardo.
Un eloquente dito di SuperFra gli fece capire che no, non avevano proprio niente da dichiarare.