“Ma è un sacco di roba!” esclamò SuperFra da dietro il giornale. I supereroi stavano pranzando all’asse da stiro. SuperSam si era rassegnato al non poter sostenere una normale conversazione con le colleghe, dato che una era sepolta dietro il giornale e l’altra infilzava le penne sulla forchetta come se le avessero fatto un torto personale, perciò si era limitato a servire il pranzo e consumarlo in silenzio.
“Guardate qua,” proseguì la supereroina, piegando il giornale a metà di modo che gli altri potessero leggere la pagina che le interessava. “In una sola notte, una sola!, sono stati svaligiati un’armeria, un ferramenta, e un negozio di stoffe!”
“Cosa c’entrano l’uno con l’altro?” si chiese SuperSam ad alta voce.
“Non lo so, ma le modalità sono le stesse che hanno usato per la banca: telecamere e sistemi di allarme fusi: pazzesco.”
SuperJay smise di accoltellare le penne.
“Ragazzi,” disse infine SuperFra, rassegnata, “i nostri ‘nemici’ hanno le armi.” e posò il giornale per terra (in mancanza di altre superfici libere).
“E anche le stoffe” aggiunse SuperJay. I colleghi la guardarono male. “A cosa possono servire quelle cose tutte insieme?”
“Non è questo il punto Jay,” le spiegò paziente SuperSam, “non è che servono ‘insieme’, è che hanno le armi punto e basta. Ormai è abbastanza ovvio che sono i ‘cattivi’, no?” fece, rivolto a SuperFra, che annuì tra un boccone e l’altro.
“Sì,” confermò. “Sam, la pasta è fredda!”
“Era fredda anche 20 minuti fa, quando ti avevo detto di mangiarla perché era fredda”. Disse lui tra i denti.
“Un superfucile rivestito di stoffa che spara martelli!” esclamò SuperJay portandosi la mano alla bocca, “ecco cosa vogliono fare!” SuperFra resistette alla tentazione di spingerle la testa nel piatto e scelse di ignorarla.
“Veniamo al dunque,” disse, “le cose si fanno serie. Ci sono dei supercattivi in città (perché possiamo concordare che questo non è opera di un comune civile, giusto?), sono armati, potrebbero avere il nostro aspetto, potrebbero essere in combutta con l’autista scomparsa, che potrebbe a sua volta essere una supercattiva, potrebbero essere contro di noi e anche se non lo fossero, una volta fatto il collegamento la gente si aspetterà che ce ne liberiamo perché qualcuno” e fulminò SuperJay con lo sguardo, “ha fatto credere al mondo che abbiamo superpoteri degni di questo nome. Cosa che ovviamente non è vera. Inoltre questo supercattivo, o supercattivi, potrebbero tenere prigioniero o comunque avere in pugno l’unica persona che conosce la nostra vera identità. Dunque. Che si fa?”
Attorno all’asse da stiro calò nuovamente il silenzio.
“Io sono dell’opinione,” cominciò SuperJay dopo un po’, “che bisogna combattere il fuoco con il fuoco. Quindi,” riprese con maggior vigore, battendo la mano sull’asse da stiro, “io sono per costruire un fucile più grande rivestito di stoffa più bella che spara martelli più pesanti!” SuperSam le allungò un ceffone. SuperFra rivolse al collega uno sguardo grato e tornò al suo piatto.
Per la prima volta le cose cominciarono ad assumere una piega inquietante. La storia dei cloni era più che bizzarra, e la gettava nell’incertezza. La loro esistenza sembrava ormai assodata, ma i loro intenti rimanevano nel mistero. Erano dietro tutte queste rapine? Sì, convenne: se era stato l’incidente a crearli allora probabilmente avevano dei superpoteri. Forse, pensò, di ognuno esisteva una copia con poteri inutili, come aprire i barattoli, e una con poteri seri, come produrre fiamme di migliaia di gradi. E se i cloni erano dietro tutto questo, di chi aveva paura Biggi? Chi c’era la sera prima in casa sua? Le presunte copie, a quell’ora, avrebbero dovuto essere impegnate a svaligiare negozi. Allora chi? E che fine aveva fatto l’autista del camion? Era in combutta con i cloni? Oppure erano completamente fuori strada e non era sopravvissuta allo schianto? Rivolse uno sguardo disperato al numero sul frigorifero. La sua presenza non le dava pace. Se i cloni erano malvagi, come i suoi colleghi sembravano dare per scontato, come mai l’altra SuperJay non aveva ucciso SuperSam quando ne aveva avuto l’opportunità? E cosa aveva intenzione di comunicare con quel numero? Sospirò. Era quasi certa che fosse stato proprio Sam a riportarla a casa la sera che si era ubriacata…solo che quel Sam era rimasto a casa, il che significava che doveva essere stato l’altro. E non le aveva fatto del male. Dunque se fossero stati veramente malvagi li tenevano in vita per uno scopo. Forse servivano a qualcosa. L’idea non le piaceva affatto.
Spostò lo sguardo sui colleghi: SuperSam aveva smesso di mangiare e fissava il centro nella stanza immerso, supponeva, negli stessi suoi pensieri. SuperJay, giocherellando con i resti del sugo, sembrava impegnata in un ragionamento estremamente complicato. SuperFra scosse la testa, sperando che si rendesse conto della situazione. Il fatto di avere dei superpoteri sembrava aver completamente oscurato il problema principale: erano completamente inutili. Cominciò a sparecchiare.
“Che si fa?” chiese piano SuperSam, che quando la collega si era alzata aveva sollevato lo sguardo. SuperFra si strinse nelle spalle.
“Non possiamo fare niente,” rispose. “Con i nostri poteri non possiamo permetterci di dare la caccia ai criminali, non siamo in grado di attaccare nessuno. Aspettiamo.”
“E cosa?” fece SuperJay.
“Qualcosa da cui difenderci.”