Capitolo 25 – Cattiva ma con stile

Luigi Uva alzò un sopracciglio senza scomporsi.

“E dove dovrei procuramelo io questo materiale?” disse con tono annoiato.

“Non devi farlo tu!” si spazientì Luciphera, facendo schioccare la frusta, solo uno dei tanti sfizi che si era tolta con le rapine della notte precedente. “IO mi devo procurare CHI ci procurerà il materiale e poi TU lo userai. Ora mettiti al lavoro.”

Lo stilista alzò al cielo gli occhi verdi. “E con cosa?” sospirò.

“I disegni, devi fare i disegni no?” ringhiò la donna, accidentalmente dando fuoco alla matita che sventolava in faccia al suo prigioniero. La lanciò con stizza dall’altra parte della stanza e lasciò cadere la frusta, temendo di danneggiarla. Uva sembrò poco interessato.

“Ascolta Lucy,” cominciò.

“LUCIPHERA!” gridò quella. Le fiamme che uscirono dalle sue mani catturarono le maniche e la camicia finì per bruciarle addosso. Se la strappò con rabbia gettandola a terra e tossì del fumo. Lo stilista guardò le bruciature che si risanavano a velocità sovrannaturale sulla pelle della donna (che nonostante la guarigione miracolosa sembrava soffrire molto) senza troppo interesse, soffermandosi solo brevemente sulle bende macchiate di sangue che portava sul gomito, sotto le quali pareva trovarsi l’unica ferita permanente.

“Sì, quello.” proseguì. “Dicevo, se mi sleghi magari ragioniamo, ti va?”

Luciphera dovette ammettere con una punta di amarezza che aveva ragione e disciolse a malincuore i nodi che tenevano il suo prigioniero saldamente legato alla sedia.

“D’accordo,” disse quello alzandosi con eleganza, “dovrò prenderti delle misure. E avrò bisogno di colori e-”

“No,” lo interruppe lei, “non ti servono, facciamo tutto nero.” lo stilista non si diede la pena di nascondere il suo disappunto.

“Va bene, nero sia. D’altronde anche l’originalità è importante.” continuò, con un tono che non tradiva il suo sarcasmo. “E una stanza mia. Con tutte le mie cose” e fece un cenno con il capo verso le stoffe e i materiali che Luciphera aveva avuto cura di rubare per lui. “Questa mi va bene. Ora è mia.”

D’improvviso quella si riscosse e lo afferrò per un braccio.

“Aspetta,” sibilò, “chi mi dice che posso fidarmi a lasciarti slegato?”

Lo stilista la guardò con aria di sufficienza.

“Tesoro, per quante cose io sappia fare legato a una sedia, disegnare non è una di quelle.” e, liberatosi dalla presa di lei, marciò con decisione verso la scrivania.

Luciphera, incerta sul da farsi, gli procurò dei fogli e una matita. Quello li prese senza ringraziare e la squadrò da capo a piedi.

“Mmh, abbiamo ottimo materiale per una scollatura,” commentò. La donna, che dopo essersi strappata la camicia era rimasta in reggiseno, si coprì istintivamente. Lo stilista accennò un sorriso a mezza bocca.

“Quella non la chiamerei attitudine da supercattiva, piccina.”

Con sua somma sorpresa, Luciphera arrossì.

“Ehm, sì,” mormorò allontanandosi, “senti, io devo…cioè, dovrei fare delle ricerche. Per quel materiale, capito. La tizia che ce lo deve procurare…dovrei cercarla, d’accordo? Lei…uhm, saprà dirci come fare per non…”

“…per non far bruciare tutto, sì, ho capito.” completo lo stilista senza alzare gli occhi dal foglio. “Vai pure, non vado da nessuna parte.”

“Lo so,” replicò Luciphera, ritrovando il suo tono insolente, “certo che non vai da nessuna parte. Immagino che tu sappia quello che ti succederà se provi a scappare.”

“Nulla: sei da sola, non sai controllarti, se mi lasci solo in casa ci metterò dieci minuti a uscire.”

Seguì un momento di silenzio interrotto solo dallo scorrere della matita sul foglio.

“Non me ne vado, piccina.” continuò Uva, rassicurante. “Per quanto abbia poco interesse nella sorte dell’umanità devo pur aiutare qualcuno di malvagio prima di morire. Mi annoierei a morte in paradiso.”

Luciphera annuì e andò a procurarsi qualcosa da indossare, cercando di scrollarsi di dosso la spiacevole sensazione di avere ancora molto da imparare riguardo all’essere una supercattiva.

“E quando torni lavoriamo su un piano per conquistare il mondo!” chiamò lo stilista dalla stanza che aveva appena lasciato. Quella sgranò gli occhi: effettivamente le sarebbe servito un hobby con cui tenersi occupata dopo la sua vendetta. E, come dovette ammettere, nessun cattivo che si rispetti manca di un piano per la conquista del pianeta.