Come aveva predetto Biggi, una piccola folla di curiosi si era finalmente riunita davanti al Quartier Generale del SuperTeam. Non si trattava di più di 5 o 6 persone che, pur essendo “non abbastanza”, come diceva SuperJay, erano più che sufficienti ad infastidire a morte SuperFra e a lusingare SuperSam che a volte, quando la collega non lo vedeva, si affacciava alla finestra e, indossata la mascherina, salutava timidamente con la mano guantata, concedendosi fantasie da reali inglesi. SuperJay aveva indossato il suo costume ed era salita sul tetto quando i curiosi avevano cominciato a farsi vivi, e non era ancora scesa.
“Vorrei tanto sapere cosa sta facendo lassù” disse SuperFra tra i denti, girando il caffè.
“Sta tenendo una specie di comizio, credo”, mormorò SuperSam, sollevando la tendina per sbirciare. Sembravano esserci una o due persone in più rispetto a quella mattina. Si allontanò dalla finestra cercando di non sembrare troppo soddisfatto, ma SuperFra neanche lo guardava.
“Che idiota,” sibilò, “non ci aveva pensato che mettere l’indirizzo sul giornale avrebbe portato a questo, figuriamoci se pensa.”
“Io credo che dovremmo abituarci”, disse SuperSam stringendosi nelle spalle, mentre metteva i piatti sporchi nel lavandino, “pensa che sono pochissimi, man mano che diventeremo famosi ne verranno tanti altri.”
“Dai, Sam,” SuperFra si alzò per aggiungere la sua tazza al mucchio da lavare, “credi veramente che diventeremo famosi?”
SuperSam interruppe quello che stava facendo per guardare la collega. “Siamo supereroi, Fra,” disse, incredulo, “ti pare poco? Man mano che faremo altre missioni…”
“Missioni? Cosa credi che sia, un gioco? Credi che andremo in giro ad acciuffare malviventi con i nostri superpoteri?” fece SuperFra, sarcastica, enfatizzando la parola superpoteri.
“Beh, l’abbiamo già fatto” mormorò SuperSam, tornando ai suoi piatti.
“Abbiamo preso il più sfigato dei borseggiatori di questo universo, e per puro caso. Credimi, quando si verrà a sapere dei nostri veri poteri l’unica cosa che faremo è la figura degli idioti.”
SuperSam fece per replicare, ma uno scroscio di applausi lo interruppe. I due si scambiarono uno sguardo perplesso.
—
“Cretina, vieni giù!” ringhiò SuperFra, salendo sul tetto e tenendosi la mascherina premuta sul viso, “Sì, sì, ciao!” sbottò rivolta alla piccola folla, che al suo arrivo si era agitata.
SuperJay si voltò raggiante verso la collega “Uno di loro aveva una lattina” spiegò, le mani sui fianchi in una posa da classico supereroe, “l’ho aperta! Ho pensato che dimostrare i nostri poteri sarebbe stato-”
“D’accordo, hai fatto abbastanza per oggi, torna dentro, su.”
“No! Il pubblico mi ama!”
“Come no, adesso vieni in casa, non mi piace che ci esponiamo così, dai!” SuperFra stava perdendo la pazienza.
“Devi abituartici, cocca.” dichiarò secca SuperJay, tornando alla folla e salutandola con la mano.
“Cocca? Da quando hai iniziato a parlare come un cowboy?” la collega l’afferrò per un braccio e cercò di trascinarla verso la botola che portava alla camera (non una grande idea in caso di piogge, come avevano sperimentato l’inverno passato). “Andiamo, sono stufa di gente che mi dice che mi devo abituare.”
“Sei solo arrabbiata perché quando diventeremo famosi tutto il mondo saprà quanto sei brutta” sentenziò SuperJay. SuperFra perse la testa.
“Ma ti sei vista in faccia, maledetta psic-” la lattina aperta da SuperJay, ancora piena e quindi discretamente pesante, volò dalla mano di uno degli spettatori dritta alla testa di SuperFra, colpendola. Inutile a dirlo, questa perse i sensi.
“Magnetismo, amici!” gridò SuperJay, incitando la folla agli applausi.
“Ho sentito un tonfo, c’è stato un altro trauma cranico per caso?” chiese SuperSam facendo capolino dalla botola. Il pubblico, già agitato, lo acclamò. La collega gli fece gesto di avvicinarsi e lui, allacciandosi la mascherina, obbedì timidamente e salutò timoroso.
“Cosa fa lui?” gridò un uomo. La folla gli fece eco.
“Beh…” cominciò SuperJay. SuperSam afferrò la lattina, che si era rovesciata ma non aveva perso tutto il suo contenuto, si tolse un guanto, toccò la bibita e la lanciò sul pubblico. Tutti si scansarono appena in tempo e applaudirono.
“Non credo che abbiano capito,” disse SuperJay rivolgendo all’amico uno sguardo confuso. Poi alzò la voce per rivolgersi al suo pubblico. “Amici, SuperSam…”
“É un grande lanciatore?” disse uno spettatore.
“Mira straordinaria?” fece un altro.
“Super vista?”
“Super forza?”
“La vogliamo finire con questa superforza?” gridò SuperJay allargando le braccia. “Lui…è un po’ difficile da dimostrare…” aggiunse, notando che la lattina era finita tra i cespugli, “Lui…chiamiamola ‘alterazione sensoriale’, perché…”
“Cosa fa?” gridò una donna di mezza età.
“Vogliamo vedere il supereroe!”
SuperJay guardò SuperSam, che si strinse nelle spalle, imbarazzato e un po’ spaventato.
“Ehm…” riprese la supereroina, che non voleva banalizzare il potere del collega dicendo che salava le cose, “Lui è…devo andare!” disse in fretta, afferrando la camicia di SuperSam e strappandola, lasciandolo praticamente a petto nudo. Poi scattò verso SuperFra, la afferrò per una caviglia e la trascinò giù per la botola, con molti preoccupanti tonfi.
“Ehi!” esclamò SuperSam colto di sorpresa, cercando di coprirsi, ma dei gridolini dalla folla lo fermarono: tutto il pubblico femminile aveva sollevato la macchina fotografica o il cellulare. Dopo un primo momento di imbarazzo stupefatto, SuperSam sfoggiò il suo miglior sorriso e mise le mani sui fianchi, gonfiando il petto.