Capitolo 18 – Calunnie

La mattina dopo SuperFra si alzò presto e, assicurandosi di non essere seguita, si recò a casa del reporter per informarlo che, a causa della mancanza di creatività dei diretti interessati, i loro nomi erano rimasti SuperSam, SuperFra e SuperJay. Quando tornò era visibilmente irritata.

“Buongiorno,” la salutò SuperSam vedendola entrare in cucina, “caffè?”

“L’ho fatto io,” disse SuperJay, orgogliosa.

SuperFra, senza dire una parola, lanciò un giornale sull’asse da stiro. SuperJay fece appena in tempo a tuffarsi per salvare il suo caffè. SuperSam, indispettito, raccolse dal pavimento alcuni fogli su cui stava lavorando durante la colazione.

L’articolo di prima pagina parlava di una colossale rapina in banca, così SuperJay fece per sfogliare il giornale e cercare qualcosa che parlasse di loro, ma SuperFra la fermò.

“No,” fece, “leggi quello. Il primo, leggi il primo.” la collega obbedì.

Banca svaligiata, il direttore: “Non abbiamo potuto fare niente”

Era notte fonda quando dei malviventi hanno fatto irruzione nella Prima Banca di Città. Al loro arrivo il direttore e gli impiegati hanno notato subito un forte odore di plastica bruciata e si sono accorti che le telecamere di sicurezza erano state carbonizzate. Precipitatisi nel caveau lo hanno trovato depredato.

“C’era un enorme buco nel pavimento,” racconta Adolfo Di Romeo, il direttore, “e intorno il metallo era come fuso. Sospettiamo che i ladri abbiano usato una sorta di lanciafiamme per riuscire ad entrare.”

L’ipotesi del lanciafiamme, per quanto incredibile, pare possa essere l’unica pista della polizia. Infatti serrature, telecamere e cassette di sicurezza sembrano essersi “sciolte” in seguito all’esposizione ad una potentissima fonte di calore, tanto che gli unici lingotti sfuggiti ai ladri si sono a loro volta liquefatti.

“Ci vorrebbero migliaia di gradi,” afferma la Professoressa Schiaffino, del dipartimento di fisica nucleare dell’università di Città “per fondere una parete di metallo spessa come quella del caveau della banca. Nessuno può utilizzare uno strumento in grado di generare tanto calore senza le adeguate protezioni e sopravvivere.” Tuttavia i fatti non mentono, e le prove indicano che…

L’articolo andava avanti proponendo altre ipotesi assurde. Ma quando arrivarono alla frase finale i supereroi capirono il motivo della furia di SuperFra.

Una cosa è certa, il ladro non era solo, o non avrebbe mai potuto agire con tanta precisione e tanto in fretta. Dato che ci sono dei nuovi supereroi in città, ci saranno anche dei nuovi “supercattivi”? O è proprio l’enigmatico e poco credibile SuperTeam che ci nasconde la sua vera natura?

“Non ci posso credere!” sbottò SuperJay, alzandosi.

“Lo so!” esclamò SuperFra “Come possono accusarci di-”

“Poco credibili! Noi, poco credibili! Ci hanno visti tutti, era una scena talmente classica che potrebbe essere uscita dal peggior fumetto del-”

“No, Jay! Non capisci che hanno praticamente insinuato che abbiamo rapinato una banca?”

“Oh, quello.” disse l’altra, calmandosi. “beh ma non siamo mica stati noi.”

“Appunto!”

“Ok, calmiamoci” intervenneSuperSam, alzandosi a sua volta. “Prima di tutto non abbiamo nessuna prova che ci siano veramente dei super cattivi-”

“Migliaia di gradi!” gridò SuperFra.

“Sì, d’accordo” convenne lui, “ma sono sicuro che potremo dimostrare che non siamo stati noi. Siamo sospettati da un giornalista, mica dalla polizia.”

“Biggi?” disse SuperJay, preoccupata.

“No,” la rassicurò SuperFra, “l’ha scritto un suo collega.”

Seguì un momento di silenzio, durante il quale tutti e tre rilessero l’articolo un’altra volta.

“Credete che possano essere stati i nostri cloni?” sussurrò SuperJay con un filo di voce. SuperFra ci pensò su.

“No,” disse lentamente, “io non credo che siano cattivi, ne abbiamo già parlato. Credo piuttosto che-”

“Forse siamo noi i cattivi!”

“Jay, l’hai già detto. Dicevo che-”

“Sì, ma la prima volta non hai riso.”

“Perché, era una battuta?” fece SuperSam, perplesso.

“E basta!” li interruppe SuperFra prima che SuperJay potesse rispondere. “Dicevo,” riprese, “che credo piuttosto che se ci sono veramente dei cloni, e credo che ci siano, probabilmente sono spaventati quanto noi. Per questo si nascondono. Magari credono che siamo noi i cloni. O forse cercheranno di aiutarci in qualche modo. Forse sanno qualcosa di più.” aggiunse, accennando al numero sul frigo. “A proposito,” proseguì, “Biggi mi ha chiesto del numero.”

“Cosa gli hai detto?” domandò SuperSam.

“Che era il numero di serie del frigorifero.”

“Ci ha creduto?”

“No,” sospirò SuperFra, “ma non ha fatto altre domande. Sentite: se non sono stati i nostri cloni…pensavo…c’era un’altra persona con noi sul luogo dell’incidente.”

“L’autista…” sussurrò SuperSam. SuperFra annuì gravemente.

“L’autista ha dei poteri!” esclamò SuperJay. La collega la guardò alzando un sopracciglio.

“Che intuizione, Sherlock.”

“Lo sapevo.” la supereroina batté un pugno sull’asse sa stiro, che per poco non si rovesciò. “Prego, comunque,” aggiunse rivolta ai colleghi, evidentemente convinta di aver veramente fatto la scoperta del secolo.

SuperFra fece per replicare, ma si trattenne. “Comunque,” disse invece, cambiando discorso, “nel pomeriggio Biggi torna qui, dice che ‘abbiamo ancora molto da imparare’ e vuole rompere un po’.” Concluse, evidentemente infastidita dal pensiero di avere di nuovo il reporter in casa.

“Che bravo ragazzo,” sospirò SuperJay, “fa due lavori e trova anche il tempo di aiutare noi.”

“Jay, non lavora veramente all’ana-” cominciò SuperSam, ma SuperFra lo zittì scuotendo la testa.

“Lascia perdere,” mormorò, versandosi il caffè. SuperSam annuì e riprese a scarabocchiare sui suoi fogli.