“Jay, guarda se quel pazzo è ancora là fuori” disse debolmente SuperFra tenendosi la borsa del ghiaccio sulla testa.
“Sì,” fece quella, sbirciando fuori dalla finestra, “sta fotografando il cartello.”
“Adesso basta però,” sbottò SuperFra alzandosi.
“Calma” le suggerì SuperSam, aggiustandole la borsa del ghiaccio. Non appena la toccò, il ghiaccio si sciolse, inzuppando la già provata supereroina, che lo fulminò con lo sguardo “Ah, già,” mormorò lui con un sorriso di scuse, “il sale…”
“Andiamo a dirgli qualcosa!”
“Naaaah, lascialo fare” disse SuperJay, che si stava godendo l’attenzione.
“No, Jay, non va bene così” disse SuperFra posando il sacchetto fradicio che era stata la sua borsa del ghiaccio sul tavolo, “finché ci cercano per un motivo è un conto, ma gli stalker no, e se scoprissero la nostra identità?”
“E se la scoprissero?” echeggiò SuperJay facendo spallucce.
“Ci è andata bene con la maionese,” spiegò SuperFra, paziente, “ma i supereroi causano un sacco di danni collaterali, non ti sei mai chiesta perché la polizia dà la caccia a Spiderman?”
“È il prezzo della fama” rispose l’altra, sognante. “E poi ho messo il nostro indirizzo nella pubblicità, cosa ti aspetti?”
“E vabbè, non mi sta bene che faccia così, è sospetto, potrebbe essere un maniaco o qualcosa del genere.”
“È solo il primo di tanti,” fece SuperJay, alzando la voce per farsi sentire dalla collega, che stava uscendo dalla stanza, accompagnata da SuperSam.
Poco dopo i tre supereroi uscivano dal Quartier Generale, con tanto di occhiali da sole e grandi cappelli, per “proteggere la loro identità”, così aveva detto SuperFra. Gli occhiali e un foulard sarebbero stati sufficienti, ma SuperSam aveva insistito perché indossassero i ridicoli cappelli di paglia che aveva comprato quando aveva cercato di convincere le colleghe a darsi al giardinaggio. Non servivano a molto, ma era soddisfatto di vederli indossati almeno una volta.
“Ehi, tu,” fece SuperFra con aria da dura, rivolgendosi al paparazzo. Quello sfoggiò un gran sorriso e le scattò una fotografia.
“Buongiorno!” disse.
“Non hai capito, amico” la determinata supereroina fece per afferrare la macchina fotografica e gettarla a terra, ma il paparazzo, senza muoversi di un centimetro, non mollò la presa.
“Immagino che la superforza non faccia parte dei vostri poteri.”, commentò alzando un sopracciglio.
“Sul serio, perché pensano tutti alla superforza?” sussurrò SuperJay all’orecchio di SuperSam, che la zittì con un gesto.
“Bene!” esclamò SuperFra lasciando la macchina fotografica, “Sentiamo, chi saresti?”
“Federico Biggi, del ‘Città Oggi'” e sorrise fieramente.
“È quello dell’articolo!” squittì SuperJay entusiasta.
“Proprio io,” fece quello amabilmente, “sono un reporter e, parliamoci chiaro, sono qui per scoprire le vostre identità segrete. Perché immagino vogliate tenerle segrete, giusto?”
“Esatto, ed è proprio per quello che non le scoprirai” rispose asciutta SuperFra.
“Già,” le fece eco SuperSam, preso dall’entusiasmo, “Non le diremo certo a un reporter!”
“Ho detto reporter?” disse lui, candido, “Beh, per arrotondare lavoro all’anagrafe. Volevo solo assicurarmi che i vostri documenti siano in regola.”
“Ecco a lei, buon uomo!” disse SuperJay porgendogli il proprio portafogli.
SuperFra seppellì il viso tra le mani.
“Beh,” ghignò il reporter soddisfatto, osservando la patente di SuperJay, “direi proprio che qui abbiamo il materiale per un bello scoop. Sbaglio o sei la nipote di-”
“Cosa vuoi?” tagliò corto SuperFra “Non abbiamo soldi. Altro?”
Il giornalista assunse un’aria pensierosa.
“Non saprei…” disse con voce strascicata, “è difficile pensare con lo stomaco vuoto quando è quasi ora di cena…”
“Perché non si unisce a noi per cena, ispettore?” gli sorrise SuperJay, indicando la casa con un ampio gesto della mano. SuperSam la guardò incredulo.
“Senti, Jay”, sibilò SuperFra tra denti serrati mentre salivano le scale, seguiti dal giornalista, “hai presente il discorso che abbiamo fatto sul proteggere la nostra identità? Vorrei aggiungere che mostrare i documenti ai giornalisti non è un buon modo per farlo.”
“Non preoccuparti,” sussurrò SuperJay facendole l’occhiolino, “ha guardato la patente…che se la prenda pure, tanto neanche mi serve per il Monopattino!”
“No, Jay, non è questo il punto, è che-”
“…e da bere abbiamo dell’ottimo succo d’arancia, so che non è molto, ma non siamo abituati a ricevere ospiti, sa, il lavoro…” disse un apologetico SuperSam mentre superava le colleghe tenendo sottobraccio il giornalista, entusiasta di poter cucinare per qualcuno che forse avrebbe apprezzato.